Amor sacro e Amor profano

Il dipinto a olio Amor sacro e Amor profano è di Tiziano Vecellio. L’opera risale al 1514 e appartiene al primo periodo di lavoro dell’artista.

Riferimento storico

I ricercatori hanno concluso che il dipinto Amor sacro e Amor profano è stato creato dal pittore per Niccolò Aurelio, che ha servito come segretario del Consiglio dei Dieci nella Repubblica di Venezia. Lo stemma di famiglia sulla fontana, realizzato a forma di sarcofago, conferma l’identità del committente. Il dipinto doveva essere un regalo per un evento solenne: il matrimonio di Niccolò Aurelio con la giovane Laura Bagarotto.

Lo storico dell’arte britannico Charles Hope, analizzando il dipinto di Tiziano, affermò in una delle sue ricerche (1976) che la tela raffigura una sposa vestita con un abito bianco. Accanto alla protagonista ci sono la dea dell’amore Venere e il piccolo Cupido. Per molto tempo, le controversie sulla trama dell’opera non si sono placate nei circoli della critica d’arte, gli esperti hanno proposto le versioni diverse, cercando di decifrare chi è esattamente catturato nel quadro.

Nonostante i tentativi di giungere a un consenso, la questione del contenuto ideologico dell’opera e delle figure centrali rimane l’oggetto di discussione pure oggi. Il dipinto di Tiziano ha ricevuto il titolo attuale Amor sacro e Amor profano nel 1693, e forse non corrisponde affatto all’intenzione dell’artista.

Descrizione dell’opera

Al centro della tela sono raffigurate due donne sedute su una struttura in marmo riccamente decorata con intagli. Esternamente, la struttura ricorda una fontana decorata con i bassorilievi. La sua forma segue il profilo di un antico sarcofago romano. Non è chiaro come l’acqua entri nella vasca della fontana, mentre un potente getto si vede sgorgare da un rubinetto di rame posto in fondo alla struttura, tra le due figure delle donne. Lo stemma della famiglia di Niccolò Aurelio è inciso sulla parete frontale del sarcofago.

Il pittore ha raffigurato un bambino tra le donne, con le ali sulla schiena, che molto probabilmente rappresenta l’immagine di un piccolo Cupido, un compagno della dea dell’amore carnale Venere. Il bambino sta attentamente esaminando l’acqua, immergendovi giocosamente la mano grassoccia. La protagonista, situata a sinistra, è vestita con un abito costoso, il suo abbigliamento, secondo i ricercatori moderni, assomiglia all’abbigliamento di una sposa, sebbene gli storici dell’arte delle epoche passate affermassero che anche le cortigiane assomigliavano a questo. Un ramoscello di mirto è intrecciato nei capelli dorati, i cui fiori erano considerati sia un attributo sacro dell’antica dea Venere sia un elemento indispensabile nell’immagine di una ragazza che entra in matrimonio.

La donna sul lato destro, invece, appare completamente nuda, i suoi lombi sono ricoperti da un lenzuolo bianco e un enorme mantello rosso le cade sulle spalle. L’eroina siede sul davanzale della fontana, con una mano poggiata su una lastra di marmo, e con l’altra, sollevata, regge un piccolo contenitore che emette il fumo. Molto probabilmente questa è una lampada con olio d’oliva, spenta con apparizione dei primi raggi di luce del mattino.

La donna vestita si appoggia a una grande ciotola, il cui contenuto è nascosto sotto un coperchio. I ricercatori erano perplessi, proponendo diverse versioni originali di ciò che potrebbe essere all’interno del misterioso contenitore, anche se, ovviamente, non è possibile comprendere la vera intenzione dell’artista. Nel Novecento, nonostante i disaccordi iniziali, la maggioranza degli esperti giunse ad un certo punto di vista: in base al titolo dell’opera si decise che la figura dell’eroina vestita personificava l’amore celeste, e quella nuda, di conseguenza, l’amore terrestre.

Le scene incise sul fronte del sarcofago sono ancora interpretate diversamente dai ricercatori. Ad esempio, Edgar Wind, lo storico dell’arte britannico di discendenza tedesca, descrive i bassorilievi posti sulla parte anteriore della struttura in marmo come: Un uomo viene sconfitto, una donna viene trascinata per i capelli, un cavallo sfrenato viene portato via per la criniera.

Sul lato sinistro, dove è seduta la donna vestita, sullo sfondo del quadro, si apre al pubblico un paesaggio montuoso. La sommità del colle è coronata dagli edifici in pietra bianca, forse un castello o un piccolo insediamento con una torre difensiva. Poco più in là, l’artista ha raffigurato due conigli.

Il paesaggio sul lato destro dell’immagine, che funge da sfondo per la figura della fanciulla nuda, è leggermente spostato verso il basso. Sullo sfondo appare un piccolo borgo in riva al lago; tra gli edifici è ben visibile un alto campanile con una guglia rivolta verso l’alto. Sulla sponda opposta del bacino il pittore ha posto le figure di due cacciatori a cavallo e i segugi che inseguono una lepre, vicino si può vedere un pastore che conduce un gregge di pecore a un prato, nonché una coppia di innamorati che si sono abbracciati.

Analisi dell’opera

L’attenzione degli storici dell’arte è focalizzata sulla differenza tra due figure femminili. Un’analoga interpretazione delle immagini può essere rintracciata nelle opere dei tempi antichi. Così, Plinio il Vecchio, l’autore della più grande opera enciclopedica dell’antichità, menzionava nella sua monumentale Storia naturale l’opera dello scultore Prassitele, che scolpì due immagini della dea Venere dal marmo, una era vestita di abiti e l’altra appariva completamente nuda.

Le protagoniste di Tiziano si assomigliano tra di loro, ma nonostante questo, sono le personificazioni di concetti completamente opposti. La donna sul lato destro dell’immagine è l’incarnazione di valori eterni e quella a sinistra funge da simbolo di passione e desideri fugaci.

Tra le numerose versioni avanzate dalla critica d’arte sulla vera intenzione dell’opera di Tiziano, molto interessante è l’ipotesi che la tela dell’artista raffigura le immagini di Paolina e Venere, due eroine del popolare romanzo rinascimentale Hypnerotomachia di Polifilo, la cui paternità è attribuita al monaco domenicano Francesco Colonna. Il testo di un libro religioso e filosofico, saturo di idee magiche e occulte, era accompagnato da numerose illustrazioni; la prima edizione è uscita nel 1499.

Tra i ricercatori c’è chi crede con grande fiducia che Tiziano abbia raffigurato nella sua opera un’allegoria dell’amore, la nascita della prole e il matrimonio.

La filosofia ermetica, chiaramente leggibile nell’opera del pittore, riecheggia gli insegnamenti di Platone, che hanno influenzato lo sviluppo dell’arte del Rinascimento. Gli ideali di bellezza cantati nell’immagine, così come i concetti di natura divina e terrena, sono ugualmente applicabili sia alla cultura cristiana che a quella pagana. Se segui la dottrina del neoplatonismo, l’immagine del piccolo Cupido che ha immerso giocosamente la mano nell’acqua (un simbolo della fonte della vita), personifica l’amore, uno stadio intermedio tra cielo e terra (una tale valutazione dell’opera di Tiziano è data da Erwin Panofsky, storico e teorico dell’arte tedesco e americano, nel 1939).

Nel 2002 è stata effettuata un’analisi a raggi X della tela, l’immagine è stata studiata nello spettro infrarosso e ultravioletto, che ha permesso di determinare i pigmenti che Tiziano ha utilizzato per creare il suo capolavoro. Grazie al lavoro dei ricercatori moderni, si è saputo che la tavolozza includeva le varie sfumature: bianco piombo, azzurro bluastro (il colore del minerale azzurrite), giallo piombo-stagno, rosso vivo e giallo ocra.

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Autore: Tiziano

Titian

Tiziano Vecellio (1488/90-1576) è stato un pittore italiano del Rinascimento, considerato un membro essenziale della scuola veneziana del XVI secolo. Tiziano fu uno dei pittori italiani più versatili, famoso tra i suoi contemporanei come "Il sole in mezzo a piccole stelle" (che ricorda l'ultimo verso preferito del Paradiso di Dante). Hanno lavorato su ritratti, sfondi di paesaggi e soggetti mitologici e religiosi. I suoi metodi pittorici, in particolare nell'applicazione e nell'uso del colore, hanno influenzato altri pittori del tardo Rinascimento italiano e le future generazioni dell'arte occidentale.

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