San Girolamo di Barocci
Il dipinto ad olio su tela San Girolamo è di Federico Barocci (Federico Fiori). L’opera è inclusa nella collezione d’arte della Galleria Borghese di Roma. La dimensione dell’opera è 97×67 cm.
Riferimento storico
Un numero enorme degli schizzi realizzati dal maestro sono sopravvissuti fino a noi. Le fonti documentarie indicano che l’opera San Girolamo di Barocci entrò a far parte del tesoro Borghese alla fine del XVII secolo.
Le tecniche artistiche utilizzate dal pittore, così come il periodo di creazione dell’opera, indicano una corrispondenza con lo stile barocco. Barocci terminò il dipinto nel 1598, all’epoca aveva già 70 anni.
Descrizione dell’opera
Le opere di Federico Barocci, il più eminente maestro della galassia di artisti vissuti e operati nel Ducato di Urbino, si contraddistinguono per una caratteristica estremamente importante: il tecnicismo di esecuzione, che sembra naturale per le tradizioni della terra natia del pittore, che nel Rinascimento era considerata il centro dello sviluppo e della prosperità del pensiero scientifico.
Invece di scoraggiare lo spettatore con un’abbondanza di passioni, la scelta è stata fatta a favore dell’accuratezza e della chiarezza dell’immagine. Una tale decisione, a quanto pare, aumenta l’intensità emotiva; in modo insolito, ma allo stesso tempo estremamente convincente, è possibile raggiungere l’armonia delle figure con lo spazio, il colore e chiaroscuro.
Colpisce la perfezione con cui Barocci ha padroneggiato un arsenale di tecniche, metodi e mezzi artistici, molti dei quali sono stati veramente innovativi. Questa caratteristica è rintracciabile nelle tele del maestro risalenti al periodo del suo lavoro ad Urbino, e successivamente, quando è partito per lavorare a Roma.
Barocci si recò nella Città Eterna dopo che il suo zio, famoso architetto Bartolomeo Genga, gli insegnò le leggi della geometria e della prospettiva. Tornò ad Urbino pochi anni dopo a causa di gravi problemi di salute. La causa di una grave malattia era il veleno, che l’ignaro pittore prese dalle mani di amici e colleghi che invidiavano il suo talento e il suo successo. Fino alla sua morte nel 1612, l’artista visse e lavorò nella sua città natale, avendo ottenuto il patrocinio dell’ultimo duca, Francesco Maria II della Rovere.
Un’altra caratteristica del lavoro di Barocci è la sua straordinaria capacità di gestire la tavolozza dei colori. Le tonalità e i mezzitoni più piccoli selezionati in modo brillante, nonché un incredibile virtuosismo nella trasmissione del chiaroscuro, creano la profondità ed il volume su diversi piani spaziali.
Nonostante il fatto che nelle opere create da Barocci si avverta chiaramente l’influenza dei maestri come Raffaello, Michelangelo, Correggio e Tiziano, l’artista può giustamente essere definito un riformatore delle belle arti.
Rimanendo ammiratore della pittura rinascimentale, imitò i geni del Rinascimento, potendo, allo stesso tempo anticipare il tempo in molti aspetti, e non limitarsi alla cornice del manierismo “pretenzioso”. Molti critici d’arte chiamano Federico Barocci il fondatore dello stile barocco. Adorando l’idea umanistica di raggiungere un’armonia assoluta tra la natura spirituale e corporea, il pittore si sforzò di incarnare gli ideali rinascimentali nei suoi dipinti in un modo incredibilmente abile. Il desiderio di raggiungere la perfezione in ogni opera spiega la precisione, la completezza e l’accuratezza quasi matematica con cui Barocci si è avvicinato alla realizzazione dei dipinti anche nella fase preparatoria del lavoro.
Prima di intraprendere l’incarnazione delle immagini, il pittore ha sempre cercato di comprendere l’essenza profonda dei personaggi degli eroi. Grazie al complesso lavoro preparatorio le opere dell’artista, di conseguenza, erano prive di artificiosità. Al contrario, c’era una straordinaria leggerezza, spontaneità e naturalezza. Il grande Leonardo da Vinci era famoso per questo atteggiamento nei confronti del processo creativo.
Analisi dell’opera
Il mantello rosa pallido dell’eroe è unico punto luminoso che si staglia nettamente sullo sfondo oscuro in cui è immersa la cella del santo. Una piccola stanza è illuminata solo dal debole bagliore di una candela in una lanterna sul lato destro del muro. Barocci ha raffigurato diversi dettagli che erano considerati gli attributi indispensabili dell’immagine di San Girolamo: una pietra ben compressa nella mano dell’anziano, con la quale è pronto a colpirsi al petto, una croce di legno, oltre a un teschio e un berretto cardinalizio – gli ultimi due oggetti sembrano appena visibili all’ombra della cella della grotta. La figura assomiglia all’eroe nell’opera Fuga di Enea da Troia di Barocci che sta nella sala 13 della Galleria Borghese.
Prima di intraprendere la creazione di San Girolamo, Barocci ha completato una serie di schizzi preliminari. La tela è firmata dall’autore: FED.BAROCIVS / VRBasPING. Apparentemente, il dipinto risale agli ultimi anni del XVI secolo.
La prima menzione documentaria della tela risale al 1693, quando nella Galleria Borghese fu realizzato un inventario delle opere d’arte. È anche noto che nel 1600 il maestro italiano Francesco Villamena realizzò un’incisione basata sul dipinto dell’artista.
Sono sopravvissute altre due opere di Federico Barocci, una decora le pareti del Palazzo del Giardino a Parma e l’altra si trova nel Palazzo dei Priori a Perugia.
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