L’Ultima cena
L’Ultima cena (1542) del pittore veneziano Jacopo Bassano è una visione alternativa del tema biblico che molti contemporanei del maestro hanno affrontato nelle loro opere. La fonte delle ispirazione per l’artista, ovviamente, è stato il celebre capolavoro omonimo di grande Leonardo da Vinci, appartenente a un periodo precedente. Il dipinto è ora a Roma, e fa parte della collezione di Galleria Borghese.
Riferimento storico
Gli artisti del XVI secolo, in particolare quelli che appartenevano alla scuola pittorica veneziana, rappresentavano spesso la scena biblica dell’ultima cena senza allineare orizzontalmente l’asse della composizione, come fu fatto nella creazione di Leonardo da Vinci. Gli eroi apparivano più vivaci e umanizzati, dotati delle fattezze di un moderno rappresentante della classe operaia per l’epoca, spesso a piedi nudi. Bassano è stato uno dei primi a seguire questa iconografia.
Nelle fonti documentarie sopravvissute si parla del nobile veneziano Battista Erizzo, che nel 1546 incaricò Jacopo Bassano a dipingere il quadro, e pagò all’artista la parte del compenso all’inizio del 1548. I critici d’arte suggeriscono che si trattasse proprio dell’opera l’Ultima Cena.
Nel 1650 il dipinto era già incluso nel tesoro della Galleria Borghese, successivamente, durante l’inventario del 1700, l’opera del maestro fu inserita nel catalogo della mostra in quanto l’opera di Tiziano, dopo qualche tempo – dell’artista veneziano Andrea Schiavone.
Alcuni esperti propongono anche la versione secondo cui Jacopo Bassano dipinse il suo dipinto l’Ultima cena dall’opera omonima, realizzata da Tintoretto nell’agosto del 1547. Doveva decorare interno della chiesa di San Marcuola a Venezia. Tuttavia, le fonti documentarie che confermano la data del dipinto e il pagamento della quota dell’artista suggeriscono diversamente. Molto probabilmente, il lavoro di Jacopo Bassan è apparso prima, e Tintoretto è stato così ispirato da ciò che ha visto che ha creato un’opera molto simile nella composizione e nello stile.
Descrizione dell’immagine
Il dipinto ad olio l’Ultima cena corrisponde ai canoni artistici tipici della pittura veneziana del Cinquecento. È pieno dei dettagli realistici; questa caratteristica lo distingue dalle opere simili realizzate dai maestri di epoche precedenti all’Ultima cena nell’interpretazione di Leonardo.
La scena dell’ultimo pasto del Salvatore con i suoi discepoli, presentata da Bassano, manca di una certa coerenza e organizzazione. Nel capolavoro di Leonardo, invece, l’uso della composizione lineare crea un senso di ordine nelle immagini dei dodici apostoli. È possibile argomentare da diversi punti di vista fino a che punto fosse giustificato, da parte di Bassano, ritrarre in modo così realistico i discepoli del Salvatore, i quali assomigliano ai semplici pescatori o contadini. Comunque sia, l’integrità della soluzione compositiva era lontana dal compito principale dell’autore.
Analisi dell’opera
L’Ultima cena rivela chiaramente il nuovo fascino di Bassano per il manierismo, uno stile delle belle arti che ha guadagnato grande popolarità tra gli artisti italiani. Nell’opera del pittore si sente anche la sua ammirazione per i dipinti di Raffaello e le incisioni di Albrecht Durer. L’influenza di questi maestri sull’opera bassanese si esprime nello stato emotivo estremamente teso dei personaggi, nel dinamismo trasudato dalle figure, nell’espressività dei loro gesti e delle pose.
Se esaminiamo attentamente le immagini dei discepoli di Cristo, noteremo che i due apostoli nell’angolo in alto a sinistra dell’immagine sono raffigurati mentre parlano tra di loro, mentre uno di loro, quello più vicino al bordo della tela, è vestito con una camicia di una tonalità rosa arcobaleno, e il secondo – in una veste verde smeraldo. Questi colori erano tra i più usati nella tavolozza di Bassanno. Situate lì, a sinistra, le figure degli altri due discepoli di Gesù non sono in alcun modo collegate tra di loro.
Nella parte inferiore della tela l’apostolo, vestito con un abito rosa, parla con un seguace di Cristo seduto sul lato opposto del tavolo. Il suo sguardo è concentrato e i gesti delle sue mani esprimono un certo sconcerto: un tale stato d’animo è tipico, tuttavia, per la maggior parte degli eroi catturati.
Nello stesso luogo, sul lato sinistro dell’opera, la figura di un altro discepolo di Cristo, vestito di una camicia nera, si china sull’apostolo con una veste rosa e beve il vino. Il vecchio, vestito con gli abiti marroni, è compositivamente connesso con gli apostoli in piedi sul lato sinistro, e allo stesso tempo la sua figura si distingue dal gruppo generale per la strana posizione del suo corpo e il coltello che stringe in mano.
Se guardiamo l’immagine da sinistra a destra, lo sguardo dello spettatore si ferma sui seguenti due personaggi: Gesù Cristo e l’apostolo con i capelli rossi, entrambe le figure si trovano al centro della tela. Questa parte dell’immagine non ha nulla a che fare con il modo in cui i contemporanei di Jacopo Bassano rappresentavano abitualmente il Salvatore durante il suo ultimo pasto con i suoi discepoli. Mostrando la sua visione dell’Ultima Cena, l’artista ha raffigurato i piedi di Cristo e la sua stessa figura un po’ messi in secondo piano, allo stesso tempo non c’è la sensazione che l’immagine del Figlio di Dio cessi di essere la più importante e centrale del quadro.
Sul lato destro compaiono le figure di altri tre apostoli. Più vicino al bordo della tela sono raffigurati altri due discepoli del Salvatore, sembra che non pronunciano una parola. Le loro immagini silenziose sono piene di profonda premura: uno degli apostoli guarda in basso, il secondo guarda lo spettatore e nei suoi occhi si legge una profonda tristezza. Le due figure in primo piano, a destra, sono catturate nelle stesse pose, con la testa girata di profilo. Al centro del dipinto, sul tavolo c’è un vaso con il vino rosso, la cui ombra cade sulla tovaglia. Questo è un promemoria del sangue di Cristo, che i giorni successivi trasuderà dalle ferite del corpo crocifisso.
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